La storia del gruppo Sbandieratori Città de La Cava raccontata dal suo presidente Felice Abate
Sommario:
- Introduzione
- Luca Barba
- Nel 1953 nasce il primo gruppo in costume
- 1969 Nasce il primo gruppo Sbandieratori
- Il gruppo inizia a crescere
- 1973 L’allontanamento dal comitato Monte Castello
- 1974 La prima uscita sotto il nome Città De La Cava
- 1975 nascono gli Sbandieratori Cavensi
- Altri gruppi di Trombonieri si riorganizzano
- Nasce l’Associazione Trombonieri e Sbandieratori
- Nasce la Disfida dei Trombonieri
- 1979 La scomparsa di Luca Barba
- Nascono i nuovi costumi
- Il Primo Autobus dei Città de La Cava
- I Viaggi in giro per il mondo
- Le competizioni
- L’associazione delle grandi imprese
- La Cava News
- 1989 Ventesimo anniversario della fondazione dei Città de La Cava
- La Pergamena Bianca
- La Pergamena Bianca, una storia tra realtà e fantasia
- Si incrinano i rapporti con l’ATSC
Introduzione
Raccontare i 40 anni degli Sbandieratori Città de la Cava non è affatto impresa semplice anche per me che ne ho vissuti ben trentanove. Tuttavia la pubblicazione di questo volume è un atto dovuto nei confronti dell’associazione, di cui mi onoro di essere presidente, del suo fondatore e di quanti come componenti, semplici sostenitori o rappresentanti delle istituzioni hanno contribuito alla sua crescita fino a diventare quello che è stato, ed è ancora oggi per tanti giovani: una grande palestra di vita.
Affido a queste pagine il ricordo di una storia che non racconta semplicemente lo spaccato di un gruppo folkloristico ma il perseguimento di un sogno cominciato nel secolo scorso e che ancora oggi si alimenta della passione e dell’amore viscerale verso Cava de’ Tirreni e la sua storia.
Luca Barba
Tutto ha inizio a Cava de’ Tirreni negli anni ’50. Qui viveva un uomo alto poco più di un metro e mezzo, praticamente “nu palmo e nu zaracchio (o ziracchio)”, un uomo straordinario che alla piccola statura contrapponeva una grandissima personalità. Profondamente attratto da tutto ciò che riguardava la storia e le tradizioni della sua città, dotato di un’ intelligenza vivacissima e creativa, un vero vulcano di idee: era Luca Barba.
L’indipendenza economica e l’appartenenza ad una famiglia di antica tradizione commerciale, (suo padre era gioielliere e orologiaio), gli aveva consentito di poter realizzare molti dei suoi fantasiosi progetti, non ultimo quello di dar vita ad un gruppo di sbandieratori come quelli di Arezzo o Siena, che tanto lo avevano affascinato durante i suoi viaggi.
Dotato di una curiosità eccezionale, Luca Barba era sempre alla ricerca di nuove esperienze per accrescere le sue conoscenze; amava leggere e portava sempre con sé un fascio di giornali e “scartoffie” per essere sempre, costantemente, informato. Adorava la sua Cava ed era voglioso di imparare tutto ciò che la sua città aveva rappresentato nei secoli.
Fu uno dei primi cavesi, negli anni ’50, quando la guerra era appena terminata, a “scavare” nelle biblioteche e negli archivi per rintracciare quegli elementi che avrebbero consentito di ricostruire la storia della nostra città, partendo dalle sue origini. Avrebbe voluto riportare Cava all’antico splendore rinascimentale, tentando addirittura di ricostruirne l’antico Borgo con le sue botteghe, i suoi tessitori, i suoi mille mestieri.
La guerra però aveva cancellato tutto: tempo libero, informazione, divertimento. Erano momenti difficili quelli della ricostruzione, anni in cui l’unica preoccupazione era ritrovare la forza ed il coraggio per ricominciare. Non c’era voglia di far festa, di divertirsi e tanto meno di spendere tempo per delle ricerche storiche. Ciò nonostante Luca era convinto che, mai come in quel momento, si dovesse lavorare per riportare alla luce le origini e le tradizioni che il conflitto appena passato aveva sepolto. L’imperativo categorico per lui fu uno solo: RICOMINCIARE!
E fu così, che un pò per volta, cominciò a mettere insieme tutto ciò che era possibile “illustrare raccontando”.
Riscoprì e mise in piazza numerose rievocazioni, ma fu difficile dare a tutte un corretto inquadramento storico. Accadeva, per esempio, che manifestazioni risalenti al 1600 venissero rievocate nello stesso spazio temporale di altre svoltesi alla fine del XV secolo, con buona pace dei secoli di storia che separavano i diversi eventi.
Con la determinazione e l’esuberanza che lo caratterizzarono, Luca però riuscì a superare queste discrepanze mettendo in moto tutte le sue energie e avvalendosi, da precursore, dei media legati alla comunicazione di massa fondando addirittura una radio libera (Radio Cava Centrale) ed una televisione (Canale 44).
La sua forza sembrava non esaurirsi mai.
Ad ogni progetto realizzato se ne affiancava uno nuovo da portare a termine e, più andava avanti, più la sua voglia di fare spingeva altri a seguirlo, ad imitarlo… ad amarlo.
Sebbene quello della ricerca e delle rievocazioni storiche non fosse il suo unico interesse (fondò una squadra di hokey cittadino, incoraggiò e sponsorizzò il campionato locale di nuoto “Ondine e Stelle del mare” e collaborò attivamente con il Social Tennis Club per diverse iniziative) è proprio nell’ambito del folklore che il suo lavoro ha raccolto i frutti più significativi.
A Cava de’ Tirreni, fino al suo avvento, non vi erano gruppi o realtà folkloristiche che si ponessero l’obiettivo di tramandare la storia locale, meno che mai di portarla fuori dai confini cittadini.
Nel 1953 nasce il primo gruppo in costume
Fu così che nel 1953, Luca ebbe la lungimirante intuizione e la “folle” idea di organizzare un gruppo in costume d’epoca per farlo sfilare lungo il borgo porticato, preceduto da bandiere e alabarde.
Un gruppo ben organizzato, adeguatamente vestito ma, soprattutto diverso da tutti quelli che si era abituati a vedere in quel periodo in occasione dell’annuale Festa di Monte Castello. A quella che infatti rappresenta ancora oggi la più antica festa religiosa e folkloristica di Cava de’ Tirreni (ha luogo ogni anno dal lontano 1656, per celebrare la miracolosa scomparsa di una pestilenza che devastò la città e la popolazione cavese) si era soliti partecipare come ad una sorta di carnevale fuori stagione indossando divise da bersaglieri, crocerossine, garibaldini e quant’altro.
Quello di Luca rappresentava quindi un desiderio assai ambizioso: ridare una forma ed una dignità storica ad una festa che, fino a quel momento era scandita da null’altro se non dalla passione popolare. Inizialmente fu aiutato, in quest’ardua impresa, dai suoi contatti professionali, che lo portavano spesso a conoscere personalmente, altre realtà folkloristiche già consolidate e, quello che nel 1953 era cominciato come una sorta di esperimento, qualche anno dopo, nel 1969, si trasformò in un progetto assai più imponente: quello di dar vita ad un gruppo di Sbandieratori capace di esibirsi e diffondere le tradizioni cavesi anche in altre città. Radunò così intorno a sé un gruppo di giovani uniti, ancor prima che dalla bandiera, da una serena e leale amicizia, desiderosi di condividere le stesse passioni ed accomunati dagli stessi ideali.
1969 Nasce il primo gruppo Sbandieratori
Riuscì a trasferire nell’animo di quei ragazzi i suoi valori culturali ed etici diventando per loro un esempio da imitare e da seguire nella realizzazione dei suoi bellissimi ed ambiziosi progetti. Quello che però colpiva più di tutto e che praticamente ti “costringeva” a collaborare con Luca, era il fatto che egli facesse tutto questo gratuitamente, rimettendoci tempo, salute e denaro. Di quel manipolo di giovanotti ricordo Antonio Avagliano, Valentino Pioggia, Luciano Milione, Marcello Landi, Nino Sorrentino, Salvatore Maiorino, Luigi Santoriello e mio fratello Aldo Abate al quale devo il mio avvicinamento agli sbandieratori.
Quest’ultimo rincasò una sera dagli allenamenti con una bandiera giallo/verde attaccata ad un manico di scopa. Ne fui letteralmente affascinato. La guardavo incantato, la esaminavo con enorme curiosità, agitandola e provando a sbandierarla… non avevo la benché minima idea di cosa potesse significare “la bandiera”e ancor meno sapevo dell’arte del maneggiar l’insegna (Francesco Ferdinando Alfieri, La Bandiera, 1638).
Fu un amore a prima vista che mi spinse immediatamente a voler entrare nel gruppo. Cominciò così il mio percorso con gli sbandieratori, prima solo come spettatore degli allenamenti che si tenevano in piazza San Francesco, poi come allievo per cominciare ad imparare le diverse tecniche e, via via, fino a diventare un vero sbandieratore e più avanti “maestro di bandiera” (Diploma L.IS -1985).
Presentati ufficialmente nel giugno del 1969, gli Sbandieratori di Luca Barba – che nello stesso anno diede vita anche al gruppo Trombonieri Corpo di Cava – fecero la loro prima apparizione agli annuali festeggiamenti per il Corpus Domini suscitando da subito la curiosità e lo stupore della cittadinanza e diventando parte integrante del Comitato di Monte Castello, organizzatore della festa.
Lo stesso Luca aderì al comitato animato dal proposito di donare alla manifestazione la giusta valenza storica e, per far ciò, ricorse anche all’esperienza di altre realtà ben più consolidate. Così nel 1970 invitò ad esibirsi a Cava de’ Tirreni gli Sbandieratori di Arezzo (1931) che, a quei tempi, per la nostra manifestazione rappresentavano un vero e proprio evento.
Che grande emozione!
Fu un confronto davvero forte per noi che, poco più che adolescenti, maneggiavamo ancora il classico manico di scopa e nulla sapevamo di quelle aste piombate esibite con tanta maestria dagli alfieri Aretini. Era un po’ come essere i “cuccioli” di quelli che, ai nostri occhi, apparivano come dei giganti e che rappresentavano ciò che avremmo desiderato essere, l’obiettivo che ognuno di noi si proponeva di raggiungere.
Da quel confronto ne uscimmo rafforzati e convinti che anche noi saremmo potuti diventare un grande gruppo, ma ci rendemmo subito conto che bisognava cominciare partendo innanzitutto dalle aste delle bandiere, prima ancora che dai costumi.
Neanche a dirlo, Luca si mise immediatamente in moto e, attraverso i suoi canali commerciali, riuscì in breve tempo a trovare una soluzione ed un bel giorno, direttamente da Siena, ci fu recapitato un bauletto con dentro una ventina di aste (costruite artigianalmente con legno di faggio) perfettamente piombate e con il manico rivestito in pelle: una vera meraviglia.
Il gruppo inizia a crescere
Nel frattempo l’interesse verso questa disciplina andava aumentando e con esso il numero di componenti andava via via allargandosi.
I primi ad avvicinarsi furono: Alfonso Conso, Mimmo Ferrara, Pierino Carratù, Giulio Marcellino, Mimmo De Martino, Filippo Ragone, Alfonso Farina, Sergio Salsano, Luigi Di Serio, Vittorio Apicella e Antonio Di Donato. Appartengono proprio a questo periodo le nostre prime apparizioni fuori dalle mura cittadine.
Con il comitato infatti fummo chiamati ad esibirci prima ad Eboli e poi a Napoli per la festa di Piedigrotta che si concluse, con nostra grande emozione, con uno spettacolo allo stadio San Paolo. Le cose cominciavano ad essere serie ed è normale che a questo punto iniziasse a fare capolino anche un certo antagonismo.
Iniziarono così le prime discussioni riguardo gli allenamenti, la loro conduzione tecnica ed il periodo di attuazione degli stessi. Si contrapposero, da una parte, coloro che spingevano per un lavoro più impegnativo durante l’intero arco dell’anno e, dall’altra, quelli che sostenevano di volersi allenare solo in prossimità della festa cittadina. Ne scaturirono forti discussioni che portarono alcuni elementi ad abbandonare il gruppo.
Intanto nuovi personaggi entravano a far parte del comitato di Monte Castello. Fra questi ricordo Mimmo Sorrentino che si propose di sostituire Luca Barba nella gestione del gruppo sbandieratori, di cui avrebbe voluto anche esserne allenatore, viste le sue pregresse esperienze nel Rugby. Quella di sostituire Luca fu per noi, chiaramente, una proposta inaccettabile e di qui nacquero nuove tensioni e nuovi scontri che ebbero il loro epilogo durante la manifestazione del 1973.
È doveroso a questo punto ricordare che, a quei tempi, la partecipazione agli annuali festeggiamenti cittadini non prevedeva la vincita di alcun premio se non, come in qualche rara occasione, la consegna di una coppa o di una targa ricordo per i partecipanti. In quell’anno si decise che a ritirare il premio destinato ai nostri sbandieratori sarebbe stato mio fratello Aldo che, per primo, si era esibito come singolo a Cava de’ Tirreni.
La cosa però non piacque a tutti ed alcuni componenti lasciarono il gruppo unendosi a chi, già precedentemente, si era allontanato. A ciò si aggiunsero altre mille ed inutili diatribe interne al comitato che distoglievano l’attenzione dalle reali necessità della manifestazione come, ad esempio, quella di dare un preciso ordine storico agli accadimenti rappresentati che continuavano ad inglobare fatti storici appartenenti ad epoche storiche lontane secoli l’una dall’altra.
1973 L’allontanamento dal comitato Monte Castello
Decidemmo quindi di abbandonare il comitato per essere finalmente liberi di poter seguire una nostra linea storica ben precisa e di poterla diffondere anche fuori dai confini cittadini.
C’era però da risolvere quelli che erano gli accordi, fino ad allora intrapresi con il comitato, e che prevedevano la restituzione da parte nostra di costumi e bandiere, eccezion fatta per le aste acquistate da Luca. I componenti del comitato però pensarono bene di tenere tutto per loro, comprese le nostre aste, e solo dopo uno scontro durissimo riuscimmo a riappropriarci delle bandiere (comprese dei drappi) lasciando al comitato i soli costumi.
Bisognava a questo punto provvedere alla realizzazione degli abiti per la sfilata e fu compito di ognuno attivarsi per confezionare al meglio i costumi di cui avevamo bisogno. Madri, sorelle e vicine di casa si trasformarono così in abili sarte aiutandoci a realizzare i nostri primi abiti, mentre scarpe e calzamaglie venivano acquistate direttamente, da chi poteva, ai mercati rionali.
1974 La prima uscita sotto il nome Città De La Cava
Ci sarebbe stato di che scoraggiarsi, ma nessuno si tirò indietro, anzi, il nostro morale saliva man mano che vedevamo pronti i primi costumi e finalmente, nel 1974, la nostra prima uscita sotto il nome di SBANDIERATORI CITTÀ DE LA CAVA al carnevale di Maiori.
Eravamo davvero pochi (tre tamburi e dieci sbandieratori), ma soprattutto c’era tanto da lavorare.
Iniziammo così a visionare diversi filmati del Palio di Siena, cercando di introdurre nuovi e più spettacolari esercizi nelle nostre esibizioni ma, complice anche l’assenza di mio fratello Aldo, partito per il servizio militare, ci si rese subito conto anche della necessità di avere un coordinatore.
La decisione maturò, dopo un’esibizione non proprio spettacolare presso la Badia Benedettina e mi candidai io stesso, con il benestare di Luca, come capo gruppo degli sbandieratori con l’intenzione di creare un programma di esibizioni molto più valido e spettacolare.
1975 nascono gli Sbandieratori Cavensi
Correva l’anno 1975 e, come spesso accade, lo spirito di emulazione fece breccia anche a Cava de’ Tirreni.
Così al nostro gruppo la cui denominazione definita era diventata “Sbandieratori Città de la Cava” si affiancò il gruppo “Città della Cava” (oggi “Cavensi”) guidati da Mimmo Sorrentino e composto in parte da nostri ex componenti.
All’indomani di questa, fastidiosa novità la sorte decise di tirarci davvero un brutto scherzo. Entrambe le compagini di sbandieraori furono infatti invitate ad esibirsi a Monte Faito (Na) in occasione di un prestigioso concorso ippico. L’ordine di esibizione fu deciso con un sorteggio: il primo giorno si sarebbero esibiti per primi gli sbandieratori di Mimmo Sorrentino mentre, il giorno successivo, sarebbe spettato a noi aprire lo spettacolo.
Decidemmo così di concentrare le nostre forze per l’esibizione del secondo giorno che rappresentò per noi un vero e proprio trionfo e, per i nostri “amici”, una vera disfatta.
La reazione fu tra le più inurbane che ricordi. Probabilmente a scatenare le ire del neo costituito gruppo di sbandieratori furono vecchi rancori e “gelosie di mestiere”.
I battibecchi e gli insulti si tramutarono velocemente in una rissa colossale sedata solo dall’intervento dei Carabinieri che si videro costretti a fermare il capogruppo del nuovo sodalizio mentre, ahimè, io venivo accompagnato all’ospedale per una ferita alla testa.
Fu Luca Barba, ancora una volta, a dimostrare la sua grande generosità. Una volta accertatosi infatti che la mia ferita non fosse in definitiva nulla di grave, si recò lui stesso presso la caserma dei Carabinieri dove, non solo si rifiutò di sporgere denuncia ma, addirittura, si prodigò per il rilascio del ragazzo fermato, riaccompagnandolo a Cava de’ Tirreni alle luci dell’alba.
Ciò non gli impedì comunque di chiarire, per iscritto e a tutte le autorità cittadine e provinciali, la vile aggressione di cui eravamo stati vittima e richiese, agli organi nazionali competenti, di diffidare altre realtà folkloristiche dall’usare la nostra denominazione “Città de la Cava”.
Fu così che il nuovo gruppo adottò la denominazione “Sbandieratori Cavensi”. Questo increscioso episodio, nel quale convogliarono gran parte dei malumori accumulatisi nel tempo, servì però ad accrescere in noi la consapevolezza di essere un gruppo solido, forte e rispettato ma che ancora necessitava di nuove e più severe regole comportamentali.
Da quel momento occorreva evitare qualsiasi scontro e non rispondere più ad alcuna provocazione. Tutti ci riproponemmo di mantenere un comportamento irreprensibile, fuori e dentro il gruppo e di essere un esempio di sportività, civiltà e buon gusto…
Atteggiamento questo che, ancora oggi, caratterizza l’appartenenza ai “Città de la Cava”, per i quali, purtroppo, le provocazioni sono ancora all’ordine del giorno.
Altri gruppi di Trombonieri si riorganizzano
Intanto il vulcanico Luca, sempre più assorto nelle sue ricerche storiche, con la collaborazione di Armando Gallo (responsabile del gruppo “Trombonieri Corpo di Cava” – con cui il nostro Gruppo Sbandieratori ha condiviso sede e vita associativa fino al 1980) era sempre di più un punto di riferimento anche per altre realtà folkloristiche cittadine.
Tutti si rivolgevano a lui per un consiglio o, come nel caso di Achille Ruminelli, per riorganizzare in toto la propria squadra di pistonieri. È il caso del gruppo Sant’Anna per il quale furono adottati i colori bianco e celeste dell’antico distretto di Sant’Auditore completando definitivamente il riassetto dei gruppi trombonieri secondo la ripartizione degli antichi Quattro Distretti della Città de la Cava (ancora oggi impressi sulle nostre bandiere) così come descritto dal Canonico Andrea Carraturo nella sua opera «Ricerche storico-topografiche della città e del territorio di Cava»:
…una nuova ripartizione di tutto l’attuale nostro Agro Cavese, ed i tre antichi distretti che prima lo dividevano… essersi avanzati a quattro, è una verità di fatto…
Quadripartita ci si mostra la sua intiera estensione, qual l’abbiamo ancor oggi, e dalle stesse ci è noto altresì che tal nuove sue quattro parti…
non altri sono se non se:
I – Distretto di Metelliano
II – Distretto di Santo Adiutore
III – Distretto del Corpo della Cava
IV Distretto di Pasculano
Guidati dall’entusiasmo crescente ed ormai pienamente coinvolti nelle vicende storico folkloristiche della città, altri gruppi di Trombonieri si organizzarono in maniera autonoma andando ad affiancare le realtà già costituite fra le quali spiccavano quelle del gruppo Croce e del gruppo “Senatore” fondato nel lontano 1946.
Nasce l’Associazione Trombonieri e Sbandieratori
Fu quindi naturale per Luca Barba pensare di riorganizzare il tutto in maniera più efficiente, dando vita ad un’associazione che riunisse insieme Trombonieri e Sbandieratori affidando la direzione di questo nuovo sodalizio a Raffaele D’Elia.
L’inizio fu tutt’altro che facile ma rappresentò un primo passo verso una definitiva, e quanto mai auspicata, divisione dei momenti storici da rappresentare.
Rimase di competenza del Comitato l’organizzazione della parte religiosa riguardante la rievocazione storica della peste del 1656 mentre ai 6 gruppi (tanti erano diventati nel 1975), fu affidato il compito di curare la parte folkloristica con l’organizzazione di un nuovo appuntamento che avrebbe rievocato gli accadimenti della Battaglia di Sarno del 1460, allor quando 500 militi cavesi liberarono il sovrano aragonese Ferdinando I (preda di un agguato delle truppe angioine), ottenendo per il loro coraggio una serie di privilegi amministrativi ed una pergamena in bianco su cui scrivere ogni tipo di richiesta. La pergamena, ancora immacolata, è tutt’oggi conservata presso il Palazzo di Città.
La Festa del Castello quindi, in tutto il suo insieme, era ormai un appuntamento imperdibile anche dal punto di vista turistico e divenne, di fatto, una forte occasione di rilancio per tutto il territorio cavese.
Fra i primi ad intuire questo tipo di opportunità fu l’allora presidente dell’Azienda di Soggiorno e Turismo Enrico Salsano che, con la collaborazione del solito Luca Barba, rianimò l’antico Borgo Scacciaventi riproponendovi scene tipiche delle botteghe cavesi e, soprattutto, pensò di rendere ancora più accattivante la manifestazione organizzando una gara di sparo tra archibugieri, mettendo in palio un trofeo dedicato al compianto Roberto Virtuoso, illustre personaggio che tanto si era prodigato per il rilancio della città metelliana.
Nasce la Disfida dei Trombonieri
Il confronto, ancora oggi conosciuto come “la Disfida dei Trombonieri”, si basava e si basa sull’abilità degli archibugieri, attribuendo la vittoria al gruppo capace di commettere il minor numero di cilecche o “fetecchie”.
Il contesto storico-folkloristico, a questo punto, rappresentava una realtà solida ben radicata nel tessuto sociale cittadino, e Luca Barba era univocamente riconosciuto come il “padre” dell’intero movimento ed io ed Armando Gallo, di conseguenza, come suoi “figliocci”. Personalmente ho vissuto al fianco di Luca giorno e notte per oltre 10 anni. Ero con lui non solo come sbandieratore ma anche come suo aiutante orologiaio, preferendo spesso ai banchi di scuola, la sua bottega.
Luca rappresentava in toto un modello da imitare e, nonostante fossi più piccolo di lui, non ha mai fatto pesare questo aspetto.
Il nostro era un rapporto eccezionale, fatto di vera e fraterna amicizia, ma anche di duri scambi di opinione che però non hanno mai generato antagonismo tanto più perché Luca non si è mai esibito con la bandiera, Luca Barba era Maestro Pistoniere.
1979 La scomparsa di Luca Barba
Per questo, quando nel 1979, il destino strappò tragicamente Luca alla vita ed ai suoi cari, lo sconforto e la disperazione furono totali.
Portavamo ancora dentro l’entusiasmo del nostro ultimo viaggio insieme a Nizza dove ci eravamo esibiti per l’annuale “Battaglia dei fiori”, entusiasmo tragicamente spezzato dall’improvvisa notizia che un incidente stradale nel potentino aveva di colpo portato via la vita del nostro grande e vulcanico maestro.
Ci precipitammo subito sul luogo dell’incidente, ma ritrovammo Luca già esanime disteso su di un tavolaccio. L’impatto era stato tremendo e, solo miracolosamente, il passeggero che lo accompagnava riuscì a salvarsi.
Ai suoi funerali partecipò un’intera città sconvolta dal dolore.
Il feretro rimase un’intera giornata nella chiesa di Santa Maria dell’Olmo vegliato da sbandieratori e trombonieri in costume e fu portato a spalla fino a Corso Mazzini accompagnato da migliaia di persone commosse dall’ultimo saluto che Fedele Grieco, allora presidente del comitato, aveva voluto tributargli.
Dopo la scomparsa di Luca fu pura disperazione. Rimanemmo smarriti per diverso tempo e non avevamo minimamente idea di come poter continuare senza di lui.
Cercammo così di porci degli obiettivi affidandoci alla famiglia Barba, ma la sua assenza era assolutamente incolmabile. Tuttavia la paura che i suoi sbandieratori potessero scomparire prevalse sulla disperazione e decidemmo quindi di continuare il suo percorso per non disperdere quel patrimonio di idee e valori portato avanti con tanta passione.
Dei più anziani (avevamo appena 20 anni) rimanemmo in quattro: Mimmo Ferrara, Piero Carratù, Salvatore Di Florio ed io. Altri ci avevano lasciati convinti che senza Luca non si potesse più andare avanti. A questo punto, poiché ero sempre stato identificato come “l’erede morale” di Luca mi proposi di riprendere il cammino esattamente da dove egli stesso lo aveva lasciato.
Spontaneità, libertà, amicizia e determinazione furono le parole d’ordine per ricominciare e che ancora oggi segnano il percorso degli Sbandieratori Città de la Cava.
Ci riproponemmo quindi di seguire delle indicazioni che caratterizzassero il nostro sodalizio:
– autonomia dal mondo politico;
– indipendenza economica;
– autonomia nei trasporti per ottimizzare i costi delle uscite;
– originalità nei costumi pur nel rispetto di quelle che erano le origini e le caratteristiche degli sbandieratori.
Nascono i nuovi costumi
Così, sempre più convinti di dover caratterizzare la nostra immagine, decidemmo di rinnovare da subito i nostri costumi, fino ad allora “fatti in casa”, adottando una linea più con- sona alle nostre esigenze e soprattutto alla storia dei Quattro Distretti.
A realizzare questo primo “cambio d’abiti” fu Giovanna Palazzo – madre del nostro componente Daniele Bisogno (allora mascotte del gruppo) che, con grande entusiasmo e maestria, confezionò una serie di abiti del tutto nuovi ispirandosi a quelli di altri gruppi dell’Italia settentrionale.
Poi, nel 1981, la svolta segnata dall’incontro con Odette Nicoletti, all’epoca professoressa presso l’Accademia delle belle Arti di Napoli. Ci presentammo a casa sua con Antonio Polacco (suo alunno e per anni componente del gruppo), per chiederle di realizzare dei costumi che rispecchiassero il periodo storico a cui il nostro gruppo faceva riferimento ed, in particolare, alla storia degli antichi quattro Distretti della Città de la Cava.
Il risultato fu straordinario.
Quegli abiti sapientemente realizzati e così preziosamente rifiniti, da Odette e dalla sua assistente Giusi Giustino, furono per noi il coronamento di un sogno ed avrebbero sancito, da quel momento, la nostra assoluta unicità rispetto a tutti gli altri sbandieratori d’Italia. Ovviamente a dei costumi così preziosi dovevano corrispondere dei drappi altrettanto importanti e così ci specializzammo nella realizzazione delle bandiere.
Le aste ci venivano fornite da un artigiano di Siena, Primo Pagni della contrada del Bruco, e con l’aiuto di Antonio Polacco incominciammo a dipingere vessilli esclusivi ed inimitabili.
Fieri ed orgogliosi per aver raggiunto gli obiettivi che Luca Barba si era prefissato avevamo finalmente donato ai “Città de la Cava” costumi e bandiere che ancora oggi caratterizzano l’immagine di ogni nostra uscita ma, soprattutto, la nostra identità storica e culturale era finalmente ben definita.
Nonostante le mille difficoltà organizzative ed economiche il piacere di stare insieme era più forte di ogni ostacolo ed ogni componente contribuiva alla vita del gruppo offrendo spontaneamente e gratuitamente, le proprie competenze e conoscenze.
Così grazie ad un nostro componente dipendente della locale azienda di trasporti pubblici (Luigi Solombrino), venimmo a sapere che, la SITA aveva messo in vendita un vecchio autobus del 1955 al costo di 350 mila lire.
Il Primo Autobus dei Città de La Cava
Detto fatto. Acquistammo immediatamente il nostro primo autobus o, per meglio dire, quello che avrebbe dovuto essere un autobus. Vecchio, arrugginito in più parti e con dei durissimi sedili in legno. Ci vollero ben 14 milioni di vecchie lire per rimetterlo in sesto, di cui quasi la metà servì per la tappezzeria e per i nuovi sediolini. Furono rimessi a nuovo anche gli sportelloni e l’intero autobus fu riverniciato con i nostri colori sociali.
Quante avventure a bordo di quel pullman! Dalla Francia alla Jugoslavia, da Trieste alla Sicilia quell’autobus è stato testimone di mille peripezie come quella volta che, proprio in Sicilia durante una tournée di 8 giorni, accompagnati dal nostro storico autista Aniello, venimmo improvvisamente spaventati da un rumore roboante: gli ingranaggi del cambio si erano completamente sgretolati.
Tuttavia la nostra tournée doveva proseguire. Cercammo di riorganizzarci al meglio e, con l’aiuto di alcuni amici siciliani, noleggiammo un altro pullman che ci permise di tenere fede ai nostri impegni. Nel frattempo rimasi con il nostro Aniello a cercare di risolvere il problema che ci aveva impantanato ma sembrava quasi impossibile, vista l’eta dell’autobus, recuperare dei pezzi di ricambio adatti. Miracolosamente, però, riuscimmo a trovare tutto l’intero cambio di cui avevamo bisogno nell’aia di un vecchio casolare. Riuscimmo quindi a risolvere il problema con successo e a ritornare nei tempi stabiliti a Cava de’ Tirreni.
Stessa sorte ci toccò anche in Francia dove fummo fermati, ed assistiti, da alcuni gendarmi, che profondamente meravigliati dalla “boite” sulla quale viaggiavamo ci offrirono assistenza presso la loro officina. In quell’occasione ad abbandonarci furono marmitta e pistoni e per recuperare i pezzi di ricambio fummo addirittura costretti a recarci a Torino, accompagnati da amici di fortuna. Anche questa volta eravamo riusciti, con un giorno di anticipo, a riparare il danno, ma restavamo preoccupati per la cifra che avremmo dovuto sborsare per la “disponibilità” dei gendarmi francesi dai quali, ci aspettavamo almeno di essere multati.
Con grande stupore invece non chiesero nulla e ci dissero che saremmo potuti ripartire tranquillamente. All’inizio pensavamo si trattasse di uno scherzo e rimanemmo assolutamente spiazzati da tanta generosità, onestamente insolita per i nostri cugini d’oltre Alpe.
Così, senza preavviso, il giorno dopo ci ripresentammo con costumi, bandiere e tamburi per offrire il nostro spettacolo come segno di ringraziamento per l’aiuto offertoci.
Fu una grande esibizione ed una piacevolissima sorpresa per nostri soccorritori francesi con i quali nacquero anche importanti amicizie proseguite nel tempo.
Nonostante la sorte ci avesse sorriso in più di un’ occasione era giunto però il momento di investire ulteriori risorse per l’acquisto di un nuovo autobus (quello attualmente in possesso della nostra associazione è il quarto), soprattutto in considerazione delle numerose uscite, in Italia e all’estero, che di lì a poco ci avrebbero visto ancora protagonisti.
I Viaggi in giro per il mondo
Gli anni ’80 sancirono infatti per i Città de la Cava la consacrazione come una delle realtà folkloristiche più importanti e ben organizzate del panorama nazionale e, ben presto, cominciarono ad essere sempre più numerose anche le partecipazioni a manifestazioni internazionali. In quegli anni iniziò un vero e proprio tour de force che portò i colori di Cava de’ Tirreni, e le nostre bandiere, a solcare i cieli di Francia, Germania, Svizzera, Portogallo, Austria e Malta dove partecipammo al Festival del Mediterraneo su invito dalla Presidenza della Repubblica Maltese.
Arabia Saudita, Australia, Austria, Finlandia, Francia, Germania, Inghilterra, Jugoslavia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svizzera e Turchia, sono solo alcune delle destinazioni raggiunte dal nostro sodalizio che, in oltre 50 anni di attività, può vantare ben quattro riconoscimenti ufficiali per meriti ed attività culturali, ricevuti da altrettanti presidenti della Repubblica: Francesco Cossiga (1988), Oscar Luigi Scalfaro (1992), Carlo Azeglio Ciampi (2003) e Giorgio Napolitano (2004).
Divertimento ed amicizia erano le parole d’ordine, una simbiosi perfetta condivisa oltre il semplice aspetto folkloristico. Seguendo infatti le orme del nostro fondatore, ci cimentammo anche in altre discipline, del tutto nuove per la città di Cava de’ Tirreni come ad esempio la “8 ore in monopattino”, manifestazione apprezzata a tal punto da coinvolgere, da subito, le maggiori realtà nazionali di questa disciplina. L’evento, partito da Cava de’ Tirreni, entrò a far parte del calendario ufficiale della federazione nazionale e fu ripetuto anche nelle città di Aosta, Ivrea, Torino e Cervinia.
Fu senza dubbio una divertentissima parentesi ma, ciò che maggiormente assorbiva il nostro tempo, era ovviamente l’arte della bandiera grazie alla quale, cominciammo anche a prendere parte a numerosissimi programmi RAI. Con estrema disinvoltura, ci ritrovammo a registrare programmi, sigle e documentari girovagando fra gli studi di Napoli, Roma e Milano accompagnati dall’inseparabile amico il cav. Enzo Baldi.
Indimenticabili restano ancora oggi le partecipazioni ad alcuni format, allora famosissimi, come: “Happy Magic” di Sammy Barbot, alcune edizioni di “Fantastico” condotte da Corrado e Raffaella Carrà, “TV1 Estate” per la sfida fra le città di Meda e Cava de’ Tirreni, sino ad arrivare a trasmissioni più recenti come “Utile Futile”, “Più sani e più belli” condotto da Rosanna Lambertucci e tante altre ancora.
Venivamo chiamati praticamente ovunque, e ad ogni nuova esperienza eravamo fieri di poter diffondere il nome di Luca Barba e di Cava de’ Tirreni.
Fu un periodo assolutamente fantastico ma anche estremamente faticoso dovendo far fronte ad oltre 50 uscite l’anno.
Respiravamo aria e bandiere.
Eravamo totalmente presi da questa attività che fu quasi naturale, a un certo punto volersi confrontare con altri gruppi del panorama nazionale per misurare il nostro grado di preparazione.
Le competizioni
Ebbe così inizio il periodo “agonistico” che ci vide protagonisti di diversi tornei e campionati. Fummo tra i gruppi fondatori della Lega Italiana Sbandieratori, partecipando ai campionati nazionali di Sant’Elpidio a Mare (1982) dove avemmo il piacere di conoscere l’amico Giovanni Martinelli, Fivizzano (1983), Mortara (1984) e Città della Pieve (1985).
Qui fummo letteralmente scippati della prima posizione e dovemmo accontentarci del titolo di Vice Campioni d’Italia. La cosa, ovviamente, fu mal digerita e così l’anno dopo decidemmo di non prendere parte ad alcuna competizione. Il ritorno alle gare però fu assolutamente rapido e nel 1987 fummo nuovamente protagonisti di un’iniziativa unica organizzando, proprio a Cava de’ Tirreni, il primo Torneo Nazionale Sbandieratori – Trofeo Luca Barba.
L’aspetto particolare di questa iniziativa, ancora oggi unico per il mondo della bandiera, fu quello di accomunare in un’unico torneo alfieri aderenti alla Lega ed alla Federazione, con il tentativo di riunire le diverse realtà nelle quali si riconoscevano la maggior parte dei gruppi italiani. Furono ospiti della città metelliana gli sbandieratori di: Massa Marittima (Grosseto), Città della Pieve (Perugia), Cori (Latina), Gallicano (Lucca), I Petroniani (Bologna), Sant’Elpidio a Mare (Ascoli Piceno), Carovigno (Brindisi) e San Marino.
Il ritorno all’agonismo ripartì dunque proprio da Cava de’ Tirreni e si prolungò per altri due anni partecipando ai campionati di Faenza, Riolo Terme e San Benedetto del Tronto. Poi nel 1989 la decisione di abbandonare definitivamente le gare, scelta scaturita – oltre che dal grande dispendio economico – anche e soprattutto dal crescente appiattimento imposto dalle federazioni e che avrebbe visto in breve tempo la scomparsa delle peculiarità dei gruppi aderenti.
Per la partecipazione ai campionati infatti è imposto un unico modello di bandiera (in materiale plastico e non in legno), un unico stile nei costumi ed una serie di esercizi “standard” da dover realizzare… inaccettabile per un gruppo come i Città de la Cava che ha fatto della ricerca e dell’originalità la sua prerogativa e che, ancora oggi, rappresenta fieramente, uno degli ultimi gruppi in Italia (unitamente agli alfieri del Palio di Siena) ad utilizzare aste in legno realizzate a mano.
Niente più gare quindi se non raramente la partecipazione a tornei dove ogni gruppo è libero di esprimersi in piena libertà ed in linea con le tradizioni della propria terra; tornei ai quali, ovviamente, partecipiamo puntando sempre alla vittoria come successo ad Annecy (Francia) nel 1990 o più recentemente a Viterbo nel 2001, a Firenze per il Trofeo Marzocco nel 2011 e a San Donnino nel 2014.
L’associazione delle grandi imprese
Ciò che però ha sancito in maniera definitiva il cammino degli Sbandieratori Città de la Cava verso il mondo della cultura oltre che del folklore è stato, senza dubbio, il passaggio da gruppo ad “associazione” avvenuto nel 1988.
Si trattò di un cambiamento epocale che da quel momento avrebbe permesso l’evolversi di nuovi e più avvincenti progetti da affiancare all’arte della bandiera che, nel frattempo, ci aveva addirittura permesso di essere protagonisti in Australia in occasione dell’Expo’ Universale di Brisbane al fianco del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Il primo passo dell’associazione, in ordine di tempo fu la fondazione della testata giornalistica “La Cava News” (da cui prende il nome questo blog, ndr) che si proponeva di raccontare non solo le iniziative del gruppo ma anche la cronaca di Cava de’ Tirreni denunciando, quando necessario, fatti e misfatti della vita cittadina.
Alla guida di questa nuova ed esaltante avventura fu chiamato l’indimenticato Raffaele Senatore, già giornalista della Gazzetta dello Sport che, con cura e passione, diede vita ad una vera e propria redazione composta per la maggior parte da componenti dell’Associazione quali: Angelo Di Marino, Pierluigi Punzi, Francesco Avallone, Francesco Pisapia, Daniele Bisogno, Giuseppe Senatore, Giovanni Palazzo, Massimo Pisapia, Alfonso Ferrara, Gaetano Paolicelli, Alessandro Della Corte, Eliseo Polacco, Francesco Virtuoso, Giuseppe Luciano, Marco Ronca, Francesco Brancaccio.
Ad essi si aggiunse il prezioso contributo di alcuni esponenti del mondo culturale cittadino fra i quali ricordiamo: Ada Patrizia Fiorillo, Lucia Avigliano, Annamaria Morgera, Marco Galdi, Francesco Romanelli, Vincenzo Senatore, Maria Di Palma, Annamaria Salsano, Rita Taclè, Don Attilio Della Porta, Paolo Gravagnuolo e Olimpia Niglio.
La Cava News fu presentato, in grande stile, nel mese di Dicembre 1988 alla presenza delle maggiori autorità civili e religiose di Cava de’ Tirreni che, nell’occasione, ebbero anche modo di assistere alla proiezione di un reportage sulla recente esperienza australiana degli sbandieratori. Curato nella grafica ma soprattuto ricco di contenuti, diventò subito un punto di riferimento nell’informazione cittadina.
Richiestissimo nelle edicole e spedito in diverse località italiane e straniere, seppe anche cogliere dei successi editoriali importanti come le memorabili interviste al maestro Roberto De Simone o al direttore della Sala Stampa Vaticana Joaquín Navarro-Valls.
A questo punto il cammino dell’Associazione era ben tracciato. Storia, cultura e folklore sarebbero state le linee guida su cui costruire il nostro futuro, un futuro che all’orizzonte appariva impegnativo ma anche carico di soddisfazioni, prima fra tutte l’avvicinarsi del 20° anniversario della nostra fondazione…
1989 Ventesimo anniversario della fondazione dei Città de La Cava
È il 1989 e per festeggiare degnamente i vent’anni dei nostri Sbandieratori pensammo ad una formula assolutamente nuova che avrebbe coinvolto l’intero panorama associativo di Cava de’ Tirreni.
Allestimmo così una sorta di “fiera delle associazioni cittadine” riempiendo letteralmente il borgo ed i suoi antichi portoni con stand e postazioni in cui i diversi sodalizi avrebbero potuto pubblicizzare le loro molteplici attività. Fu un successo senza precedenti condito anche da una colorata provocazione “artistica” nei confronti dell’amministrazione comunale del- l’epoca.
Decidemmo infatti di coprire, con un telo alto 17 metri e largo 14, la facciata di uno dei più antichi palazzi del Borgo abbandonato da anni, riproducendo sullo stesso l’aspetto originale di quella storica costruzione.
La popolazione apprezzò molto e davanti ad una folla entusiasta spegnemmo le nostre prime 20 candeline. Ovviamente non ci limitammo solo a questo e così, parallelamente ai festeg- giamenti nel centro cittadino, decidemmo di premiare quanti, durante i primi vent’anni di vita degli sbandieratori, avevano contribuito alla loro crescita umana e culturale.
L’evento si svolse presso gli ampi locali del- l’azienda cavese Royal Trophy e alla presenza della giornalista Annalisa Manduca, presenta- trice e madrina dell’evento, furono premiati personaggi ed associazioni del panorama fokloristico nazionale.
Da quel momento è tradizione che ogni cinque anni il compleanno dei Città de la Cava sia festeggiato con un evento sempre diverso e che coinvolga l’intera città di Cava de’ Tirreni. Rimarranno infatti memorabili i festeggiamenti per il nostro 25° anniversario quando fu addirittura organizzata una vera e propria discoteca a cielo aperto, nel pieno centro cittadino, con una gara fra deejay
oppure, quando allo scadere dei nostro 35 anni, demmo vita all’evento “Mirabile Viaggio”, una cena-spettacolo in pieno stile medievale per ripercorrere le tappe più importanti della storia di Cava e dei suoi alfieri.
A questo punto le attività dell’Associazione svariavano a 360 gradi e, sulla scia dei magnifici anni ’80 anche il decennio successivo fu caratterizzato da esperienze importantissime. Continuarono dal punto di vista folkloristico le partecipazioni a manifestazioni internazionali di grande prestigio come ad esempio ad Ankara (Turchia) per l’International Youth Festival del 1990, in Russia nel 1991 su invito dell’Istituto Italiano di Cultura a Mosca, a New York City per il Columbus Day del 1992 (unitamente all’Associazione Soccorso Amico di Salerno del- l’amico Pippo Satriani) e, sempre nel 1992, avemmo l’onore ed il piacere di partecipare nuovamente all’Expo’ Universale.
Stavolta però l’evento era di scena a Siviglia e per l’intera permanenza in terra spagnola ci esibimmo al cospetto del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro che, qualche tempo dopo avremmo reincontrato a Cava de’ Tirreni…
Di particolare importanza, in quegli anni, l’incontro con il regista teatrale e televisivo Gennaro Magliulo che assecondò il nostro desiderio di destinare annualmente, un premio alle personalità che nel tempo ci avevano sostenuto e che ci guidò per mano nel mondo della critica teatrale e cinematografica.
Ebbe così inizio l’avventura del premio “Bandiera d’Argento” che, anno dopo anno ha assunto sempre maggior importanza fino alla sua consacrazione definitiva con la Mostra Internazionale del Costume di cinema, teatro e televisione, della quale però parliamo più approfonditamente in un altro capitolo ( clicca qui ).
La Pergamena Bianca
È chiaro quindi che con l’esperienza maturata in tante rappresentazioni spettacolari, e di così alto livello, era impossibile non pensare a come, anche la nostra festa cittadina, avrebbe potuto raggiungere livelli più importanti di quelli in cui purtroppo, ancora oggi, è costretta a galleggiare.
Riprendemmo così il lavoro di ricerca e di promozione intrapreso da Luca Barba prima della sua prematura scomparsa, dando il via ad una serie di contatti che in brevissimo tempo portarono a Cava de’ Tirreni scenografi e costumisti del calibro di Lucio Parise con il compito di risollevare le sorti dell’evento.
L’obiettivo era quello di ridare la giusta importanza agli accadimenti storici della battaglia di Sarno del 1460 (troppo spesso posta in secondo piano dalla gara di sparo fra trombonieri), cercando una formula che ci permettesse di proporla anche fuori dai confini cittadini e che, di conseguenza potesse tranquillamente adattarsi a dei tempi televisivi; cosa impossibile per l’attuale disfida la cui durata supera abbondantemente le 3 ore.
Riscoprire la nostra storia e diffonderla attraverso un evento che pubblicizzasse l’intera offerta folkloristica di Cava de’ Tirreni… ma come?
Le iniziative poste in campo furono numerose ed alcune anche di buon livello come la Mostra dei Costumi dei Gruppi Aderenti all’Associazione Trombonieri, Sbandieratori e Cavalieri di Cava de’ Tirreni (di cui all’epoca ero responsabile per i rapporti con le istituzioni) realizzata presso i locali dell’ex sala di attesa della stazione ferroviaria di Napoli e grazie alla quale riuscimmo a diffondere tantissimo materiale promozionale. Ma bisognava fare di più, bisognava “far vedere” come, con il suo coraggio, Cava de’ Tirreni si era guadagnata il titolo di Città Fedelissima.
L’intuizione fu arguta: un’opera teatrale in piena regola che raccontasse in poco più di un’ora le pagine di storia più significative della Città de la Cava, interpretata da attori professionisti e che avesse, obbligatoriamente, come comparse gli sbandieratori e gli archibugieri cavesi con le loro evoluzioni.
Ci rivolgemmo così ad un professionista del settore, lo sceneggiatore Rosario Galli che, ricostruendo fedelmente i fatti storici riportati e condendoli con un intrigo “tipico delle storie di corte” diede vita a
“La Pergamena Bianca, una storia tra realtà e fantasia”.
Diretta dal regista Andrea Carraro ed interpretata dalla compagnia teatrale “Il Giullare” di Salerno, l’opera andò in scena per due volte a Cava de’ Tirreni, nel 2001 e nel 2003, affiancando il tradizionale corteo e la gara di sparo e trovando il pieno sostegno dei sindaci Raffaele Fiorillo ed Alfredo Messina nonostante, con quest’ultimo, alcune difficoltà iniziali costarono alla nuova manifestazione, una pausa di circa 2 anni.
Il percorso però era ormai ben tracciato e, come ci aveva insegnato Luca Barba, venivano trattati con pari dignità sia il momento storico che quello folkloristico, uniti ma ben separati, da una formula semplice ed accattivante che finalmente fosse in grado di promuovere le nostre tradizioni dentro e fuori il territorio cittadino anche grazie alla presenza di attori come Patrizio Rispo e Piero Pepe che, negli anni, si sono succeduti nel ruolo del sindaco cavese Onofrio Scannapieco.
Così dopo le edizioni di Cava de’ Tirreni la manifestazione fu realizzata anche presso il Teatro Augusteo di Salerno (il 26 ottobre 2006) e prima ancora (il 9 settembre 2005), a Napoli, nella splendida cornice del Maschio Angioino, luogo in cui storicamente avvenne la consegna dei famosi privilegi da parte del sovrano Aragonese ai fedeli sudditi di Cava. Fu un successo senza precedenti, dopo 500 anni i rappresentanti della Città de la Cava ritornavano alla corte partenopea per “riscuotere” il premio del loro coraggio e festeggiare con le loro bandiere e le salve dei loro archibugi.
Si trattò, senza dubbio, della consacrazione definitiva della rappresentazione storico-teatrale de “La Pergamena Bianca” come l’evento trainante di tutto il patrimonio folkloristico cavese che, di lì a breve, avrebbe potuto rivivere un nuovo fantastico inizio addirittura in Spagna proprio nel territorio di Aragona i cui rappresentanti istituzionali erano fra gli ospiti – esterefatti – della manifestazione andata in scena a Napoli.
Tutto faceva quindi presagire un futuro più che roseo per la nostra festa cittadina che, a 35 anni dalla nostra fondazione (festeggiati con una serata in perfetto stile medievale dal titolo “Mirabile Viaggio”), avrebbe finalmente raccolto il giusto premio dopo anni di sacrifici e speranze disattese.
Si incrinano i rapporti con l’ATSC
Invece fu proprio il successo e la crescente attenzione verso questa nuova formula che incrinò, man mano e definitivamente, i rapporti fra la nostra associazione e gli altri gruppi di Cava de’ Tirreni, infastiditi dalla nostra efficienza e forse impauriti dal fatto che la gara di sparo potesse via via perdere importanza.
Lo scontro fu durissimo. La necessità di ridare una valenza storica ad una manifestazione che, nel tempo, aveva cancellato ogni minimo riferimento ai fatti della Battaglia di Sarno, veniva interpretata, stupidamente, come una minaccia da parte degli altri gruppi interessati esclusivamente alla Disfida. Tentammo quindi di coinvolgere anche le istituzioni locali, in primis l’Amministrazione Comunale, convinti che spettasse a loro decidere le sorti di un così importante patrimonio storico che, secondo il nostro modo di vedere, appartiene all’intera comunità cavese e non ai singoli sodalizi. Niente da fare.
Ci ritrovammo letteralmente soli contro tutti e così fummo dapprima sospesi e successivamente “radiati” dalla locale Associazione Trombonieri, Sbandieratori e Cavalieri.
Tramontava così, definitivamente, la possibilità per la nostra festa cittadina di raggiungere livelli importanti e, cosa ben più grave, tutto questo avveniva con la complicità – per niente velata – dell’allora amministrazione comunale (sindaco Luigi Gravagnuolo ndr) che rimarrà, nella storia dei Città de la Cava, come quella che più di ogni altra ha condizionato NEGATIVAMENTE la vita del nostro sodalizio.
Se è vero infatti che in 40 anni della nostra Associazione si sono succeduti, al governo della città, sindaci ed amministrazioni che, in maniera diversa, hanno sempre sostenuto – o quanto meno mai ostacolato – i progetti e le attività messe in campo dal nostro gruppo, è vero anche che Luigi Gravagnuolo e la sua giunta, saranno da noi ricordati come coloro i quali hanno seriamente puntato (invano) alla nostra distruzione dando vita ad una vera e propria persecuzione che ancora oggi prosegue senza sosta.
La motivazione è presto detta. Secondo le logiche attuali della gestione del potere è improponibile che un’associazione dichiari la propria indipendenza dal mondo politico e sia, ancor più, capace di produrre e realizzare progetti di grande valenza culturale e sociale. Tutto questo ridicolizza chi, senza risultati, dovrebbe istituzionalmente occuparsi della promozione e della valorizzazione del territorio ed è quindi meglio azzerare ogni forma di confronto e di critica.
Si sono così succeduti nel tempo eventi che hanno sicuramente mortificato la vitalità della nostra associazione come ad esempio la mancata possibilità di realizzare, a nostre spese, una sala teatrale da intitolare a Luca Barba in alcuni locali comunali (da noi ristrutturati e resi fruibili gratuitamente anche ad altre associazioni) ed il diniego a partecipare al corteo storico cittadino per incomprensibili motivi di ordine pubblico…
Momenti di assoluta tristezza quelli che ci siamo ritrovati a vivere, nella nostra stessa città, in quest’ultimo periodo; attimi di sconforto grazie ai quali, però, abbiamo ritrovato la forza e la compattezza che ci hanno sempre contraddistinto e che ci hanno permesso di arrivare oggi a festeggiare i nostri primi 40 anni.
Un anniversario prestigioso che è stato celebrato durante tutto l’anno appena trascorso rimettendo in campo tutte quelle attività che hanno fatto dei Città de la Cava il primo e più importante gruppo di sbandieratori di Cava de’ Tirreni.
Felice Abate
Estratto dal libro 1969/2009 Quarant’anni, una bandiera